sabato 26 luglio 2008

Un paese in emergenza

"C'è un clima da stato di polizia. Il governo continua ad alimentare la paura anziché risolvere i problemi. Crea l'illusione che gli immigrati siano il problema numero uno solo per coprire l'incapacità di rispondere alle difficoltà economiche e sociali di milioni di famiglie"

Rosy Bindi

“Estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza per il persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari”. E' quanto ha approvato oggi il Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Interno Roberto Maroni. Un provvedimento che, come si legge nel documento diffuso a conclusione dei lavori, dovrebbe servire per “potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno”.

Ma che vuol dire?

A cercare di fornire una spiegazione ulteriore, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, secondo il quale “l’estensione dalle attuali tre regioni (Puglia, Sicilia, Calabria, come stabilito nel 2007 dal governo Prodi, ndr) a tutto il Paese serve a facilitare una risposta dello Stato e non cambia quello che c’è già”.

Confusione. Da queste parole ciò che si evince è che è talmente tanta la foga del governo, talmente alta la necessità di mettere in campo slogan, spot e manifesti elettorali, che neppure loro sanno più verso dove stanno andando realmente. Le promesse e gli impegni che hanno preso in campagna elettorale non sono stati mantenuti, come palesato da una manovra finanziaria – triennale per di più – in cui spiccano i tagli alle forze dell’ordine, agli Interni e alla Difesa. E dunque, ecco il ritorno delle proposte populiste e demagogiche, con le quali la destra, buttando fumo negli occhi dei cittadini, cerca di celare le propria inadeguatezze.

Cosa significa proclamare lo stato d’emergenza in tutto il Paese e poi affermare che non cambia niente rispetto a prima? E se non cambia niente rispetto a prima, dov’è il tanto decantato inasprimento della lotta all’immigrazione clandestina?

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